Quando sotto i pantaloni neri
si vede una gamba bianca e pelosa,
la guardo, naturalmente.
Guardo la pancia sotto la giacca
che non è cresciuta molto.
Guardo le mani: tra le persone sul palcoscenico,
le sue sono le più sottili.
Gli occhi.
Non li dovrei guardare, ormai è tardi.
Inizia a parlare,
divento tesa,
e quando si frantuma una frase,
faccio scricchiolire la sedia.
Sono un genitore al concerto di scuola.
Poi ci offrono torte e uva.
Entro nell'altra sala, si sa,
solo per prendere da bere.
Guarda caso. Salve.
Esamino i suoi occhi, il collo
e l'inguine: caldi, un metro da me.
Mi chiedo se i colonizzatori
di una volta pensano cos`i.
Una volta questa terra era nostra.
Come toccarla adesso?
Voi, come ce la fate adesso -
non troppo bene, vero?
Avete fame ed epidemie,
guerre e dittatori
che noi dobbiamo trattenere.
Sappiamo: baracche e auto al fuoco,
bambini con pance gonfie dalla fame.
I suoi denti non sono putrefatti,
le guance non appassite,
gli occhi non rossi.
Giudicando dall'alito,
non si è messo a bere.
La colonizzatrice lo esamina disturbata.
Dove sono allore le mie tracce,
il trauma dell'Altro, la mia giustificazione storica?
Mangiamo l'uva
e beviamo cognac,
adesso s`i che mangiamo l'uva
e beviamo cognac.
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