You have always known Poem by Silvia Bre

You have always known

Rating: 4.0


You have always known
that a moment will come
- it's lurking here already, it's below, it's inside -

when disorder will have won
unconditionally
without a single survivor

an abc, a whatsoever general
ground, a single gesture.

But maybe even things as they are
have an order

so vast
it overflows the frame

as never to enter
anyone's mind

so the ultimate real fits
with pure abstraction

like at night
when being and not being
anything
are the same.

Translation: Moira Egan and Damiano Abeni

COMMENTS OF THE POEM
Fabrizio Frosini 24 September 2017

Silvia Bre, da ''Sempre perdendosi'' (Edizioni nottetempo,2006) Sebastiano Poiché il cielo è così alto io sono un servo: è giusto non dormire. La gola è stretta, da intonare all’urlo, dentro ho la vocazione maledetta. Ma mi confondo con tutto questo sonno. Amo senza capire. E’ non capire, che amo fino in fondo. Mi spoglia mi porta in giro sanguinante. Lo spazio che mi cerca e che mi strozza è un movimento andato dove mi trovo infermo nella malinconia d’essere altro. Io vengo deportato vengo allo sguardo. Meno non posso. Essere qui col corpo, col dolore, tutto ferito, pronto al mio assalto, a un altro finire ancora dietro l’altro. Silenzio Ecco, mi scordo, mi slego - sarà lo smarrimento a suggerire quasi una formula, un confine, forse una frase sola che sia tutto, un’eleganza che vanti fino al nulla questo lutto. Mi perdo per un’arte che raduna e rallenta ogni gesto in una forma e in ogni forma il gesto che saluta. C’è dello spazio negli occhi da riempire e nella mente occorre una parola da ridire con le labbra nella notte fino a quando la notte si rovescia. Così gira una ronda innamorata così canta quel coro che s’ammira. Si è parte dentro una belva che si sfama. Ah, mi fa stare qui, a cantare il coro - che l’ultimo volere sia questo stringersi nell’ultimo tono come un filo che pende nel pensiero, che si insegue perdutamente, che ci dimentica. Colpo Qui io magistralmente scongiuro di morire – finché mi tocca sfondo la mia scena, la svesto, la depongo con dentro tutto il sonno da dormire. Faccio di meno intanto faccio a meno abbasso la pretesa, mi riduco – la vastità immisurabile del luogo forzata nella vastità della mente, nella tenuta stagna delle parole. Ma non è vero – è così che si muore ve lo dico: sempre perdendosi per sempre. Beati voi che dormite. Un cuore invece batte a sangue, sa il mio nome. Nessuna faccia smetta di infierire, va in cerca pure lei della sua fine oltre la pelle in me che sono vuoto, nell’anima del corpo tra i muscoli, tra i nervi che si fanno da parte, nel buio ostinato della vita che rinchiude la morte. È a me che lo fa dire, a un disgraziato, al servo – mi tortura il respiro lo sorprende, lo scuote, che io rimanga sveglio! che io gridi… Così un altro rinvio eppure addio, addio addio sempre.

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Fabrizio Frosini 24 September 2017

Silvia Bre, ''Marmo'' (Einaudi,2007) da 'La figura' Ognuno vuole avere il suo dolore e dargli un corpo, una sembianza, un letto, e maledirlo nel buio delle notti, portarlo su di sé tenacemente perché si veda come una bandiera, come la spada che regala forze. Ma c’è persa nell’aria della vita un’altra fede, un dovere diverso che non sopporta d’esser nominato e tocca solamente a chi lo prova. È questo. È rimanere qui a sentire come adesso l’onda che sale nelle nostre menti, le stringe insieme in un respiro solo come fosse per sempre, e le abbandona. Ma nemmeno la pupilla d’un cieco dimentica l’azzurro che non vede.

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